50 anni di astronomia raccontati attraverso una rivoluzione musicale
– Conferenza di Ilaria Arosio –
È l’11 luglio 1969 quando esce il singolo di David Bowie Space Oddity; nove giorni più tardi gli americani metteranno per la prima volta il piede sulla Luna e la canzone di Bowie farà da sottofondo musicale alla diretta televisiva della BBC.
Qualche anno più tardi, l’8 giugno 2010, in un’afosa serata milanese trentacinque mila persone accalcate, urlano all’unisono le parole “supermassive black hole”. Non sono astrofisici, non sono scienziati; è il pubblico presente allo stadio G. Meazza di San Siro per il concerto dei Muse, rock band inglese. Cantano e rimandano a un concetto squisitamente scientifico e specialistico. Einstein l’avrebbe mai immaginato?
Le canzoni e gli album pubblicati tra gli anni 1950 ed oggi rimangono infatti impregnati di quelle tematiche scientifiche che sono state in grado di influenzare il pensiero collettivo nel contesto dei cambiamenti culturali avvenuti nell’ultima metà del secolo scorso: la corsa allo spazio, l’esistenza dei buchi neri, l’espansione dell’universo, l’evoluzionismo di Darwin o la scoperta del bosone di Higgs.
La scienza ogni giorno ci restituisce immagini, idee e sensazioni che entrano nel bagaglio culturale collettivo; tutti le vivono, molti le colgono e qualcuno le restituisce a tempo di rock!
Il figlio del blues nasce sotto il segno di Sole e Luna.
È il 1951 e ancora negli Stato Uniti d’America la musica è un fenomeno razziale. Esistono due diversi tipi di musica: la musica dei bianchi e la musica dei neri; la race music (così veniva chiamata dall’industria discografica la musica nera) è una musica ritmata, accattivante e maliziosa, erede delle sonorità importante negli Stati Uniti dagli ex schiavi che lavoravano nelle piantagione del Sud: stiamo parlando del blues e del jazz e di tutte le forme musicali da esse derivate.
A un venditore di dischi di Cleveland non sfugge però il successo che questa musica nera sta avendo anche presso la popolazione bianca e suggerisce al Dj Alan Freed che il momento è propizio per trasmetterla alla radio. Nasce così nel 1951, sotto l’egida della Luna, il più rivoluzionario programma radiofonico del dopo guerra: ”The Moondog Rock’n’Roll Party” (inizialmente chiamato solo “The Moondog House”) che tutte le sere alle 23:15 passa la più “eccitante, nuova, maliziosa musica nera” (R.Bertoncelli, La leggendaria storia della musica rock, 2010, pg. 18) e dal quale prenderà il titolo un nuovo capitolo della storia musica: il rock’n’roll.
Ma il Sole sorgerà solo tre anni dopo ad illuminare quelle pagine di storia: nel 1954 è infatti la Sun Record di Sam Phillips, a mettere a disposizione del giovane Elvis Presley uno studio di registrazione in cui il ragazzo di 19 anni possa cantare a ruota libera accompagnato dal chitarrista Scotty Moore e dal bassista Bill Black; Sam Phillips ascolta dalla cabina di regia ed è pronto ad agganciare il nastro quando Elvis cava dalla memoria un vecchio pezzo rhythm&blues “That’s alright mama” e Bill Black e Scotty Moore lo seguono… nasce la prima e più entusiasmante stella del rock’n’roll.
***
Per tutti gli anni ’50 il rock’n’roll si accompagna a riferimenti astronomici seppur solo in senso squisitamente scenografico: dai titoli e testi delle canzoni ancora di stampo prettamente romantico (How high the moon, Les Paul & Mary Ford, 1951, By the light of silver moon, Doris Day, 1953, Don’t let the star get in your eyes, Perry Como, 1953, The blue moon of Kentucky, Elvis Presley, 1954, I speack to the stars, Doris Day, 1954, Starlight, Jack Huddle, 1957, Stardust, Nat King Cole, 1957, Sugar Moon, Pat Boone, 1957, Destination moon, The ames Brother, 1958, Cath a falling star, Perry Como, 1958, per citarne solo alcuni) al nome dei gruppi rock’n’roll come Bill Haley and His Comets .
Sebbene l’uso del termine “stella” per indicare una celebrità trae origine dalla critica teatrale del XVIII secolo (in particolare in riferimento all’attore David Garrik) è degli anni ‘50 l’istituzionalizzazione del concetto di “stella” come sinonimo di celebrità: nel 1953 la camera di commercio di Hollywood e il presidente della stessa hanno l’idea di creare una “walk of fame” ma solo nel 1956 esce il primo prototipo di marchio celebrativo: la caricatura di John Wayne su una stella marrone con sfondo blu; il colore poi viene cambiato, la caricatura abbandonata perché di troppo difficile realizzazione ma il tema della stella rimane; di stelle è infatti cosparso il soffitto della sala da pranzo dello storico Hotel di Hollywood e sempre di stelle è ricco il menu del ristorante The Tropics in cui compaiono foto di celebrità contornate da stelle d’oro.
Ed è così che anche nella secondo traccia registrata da Elvis nei Sun Studios di Memphis compare il riferimento ad un fenomeno astronomico: la blue moon.
Il nostro satellite non brilla di luce propria ma riflette la luce emanata dal sole; in un periodo di circa 28 giorni, a causa delle posizioni relative di Sole, Terra e Luna, si susseguono le fasi di lune crescente (quando la parte di luna illuminata sembra una D), di luna piena, di luna decrescente (quando la parte di lune illuminata sembra una C) e di luna nuova (quando la luna non si vede perchè la parte illuminata è nascosta). Anche se in un mese normalmente la Luna compare una sola volta come Luna piena può capitare che la sua faccia tonda si mostri nella sua interezza per ben due volte nell’arco dello stesso mese: questo fenomeno è chiamato blue moon.
Quello di Elvis è un canto alla Luna, la buona Luna che ha visto nascere il rock’n’roll…
Blue moon, blue moon, blue moon,
keep shining bright.
Blue moon, keep on shining bright,
You’re gonna bring me back my baby tonight,
Blue moon, keep shining bright.
I said blue moon of Kentucky
keep on shining,
Shine on the one that’s gone and left me blue.
I said blue moon of Kentucky
keep on shining,
Shine on the one that’s gone and left me blue.
Well, it was on one moonlight night,
Stars shining bright,
Wish blown high
Love said good-bye.
Blue moon of Kentucky
Keep on shining.
Shine on the one that’s gone and left me blue.
Well, I said blue moon of Kentucky
Just keep on shining.
Shine on the one that’s gone and left me blue.
I said blue moon of Kentucky
keep on shining.
Shine on the one that’s gone and left me blue.
Well, it was on one moonlight night,
Stars shining bright,
Wish blown high
Love said good-bye.
Blue moon of Kentucky
Keep on shining.
Shine on the one that’s gone and left me blue
[1] Blue Moon of Kentucky è una reinterpretazione di Elvis Presley di un valzer di scritto nel 1946 dal musicista bluegrass Bill Monroe
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