Io credo… Credo che alcuni nascano con un dono da fare all’umanità e li ringrazio commossa per non essersi risparmiati, per essersi donati fino alla fine e aver avuto il coraggio di illuminare la vita di milioni di persone. Grazie David.
50 anni di astronomia raccontati attraverso una rivoluzione musicale
– Conferenza di Ilaria Arosio –
È l’11 luglio 1969 quando esce il singolo di David Bowie Space Oddity; nove giorni più tardi gli americani metteranno per la prima volta il piede sulla Luna e la canzone di Bowie farà da sottofondo musicale alla diretta televisiva della BBC.
Qualche anno più tardi, l’8 giugno 2010, in un’afosa serata milanese trentacinque mila persone accalcate, urlano all’unisono le parole “supermassive black hole”. Non sono astrofisici, non sono scienziati; è il pubblico presente allo stadio G. Meazza di San Siro per il concerto dei Muse, rock band inglese. Cantano e rimandano a un concetto squisitamente scientifico e specialistico. Einstein l’avrebbe mai immaginato?
Le canzoni e gli album pubblicati tra gli anni 1950 ed oggi rimangono infatti impregnati di quelle tematiche scientifiche che sono state in grado di influenzare il pensiero collettivo nel contesto dei cambiamenti culturali avvenuti nell’ultima metà del secolo scorso: la corsa allo spazio, l’esistenza dei buchi neri, l’espansione dell’universo, l’evoluzionismo di Darwin o la scoperta del bosone di Higgs.
La scienza ogni giorno ci restituisce immagini, idee e sensazioni che entrano nel bagaglio culturale collettivo; tutti le vivono, molti le colgono e qualcuno le restituisce a tempo di rock!
Mentre John Lennon gioca con i suoi compagni nel giardino dell’orfanotrofio “Strawberry Field” non immagina certo che a qualche migliaio di chilometri di distanza degli uomini in camice bianco stiano preparando la strada del suo successo.
E’ in questi tre laboratori che fisici, tecnici ed artisti studiano nuovi modi di fare musica sfruttando le prodigiose innovazioni introdotte dall’elettricità.
I primi strumenti in grado di produrre artificialmente dei suoni con l’elettricità, (altrimenti detti sintetizzatori) compaiono già dai primi anni del XX secolo: è il caso del Telharmonium , una sorta gigantesco organo/armadio con svariate tastiere messo a punto da Thaddeus Cahill (tra il 1898 e il 1912) le cui enormi dimensioni ne bloccano la diffusione, del Theremin, dal nome dell’inventore Leon Theremin (tra il 1919 e il 1920), dell’Onde Martenot messo a punto dall’omonimo Maurice Martenot nel 1928 o dei più moderni organi Hammond e Novachord (1939-1942) realizzati da Laurens Hammond.
Tuttavia, fino agli anni ’50, la musica che utilizza strumenti elettromeccanici rimane appannaggio delle università o centri di studio affiliati a radio o televisioni: il costo delle apparecchiature non ne consente infatti una distribuzione a larga scala; magnetofoni, giradischi, filtri, Onde Martenot e oscillatori sono strumenti a disposizione dei soli privilegiati compositori d’avanguardia.
A cambiare le carte in tavola è però il Mellotron, uno strumento elettromeccanico sviluppato e costruito a Birmingham, in Inghilterra nel 1963; a metà strada tra un sintetizzatore e un campionatore (uno strumento in grado di acquisire ”campioni audio” per poi riprodurli), il Mellotron, è uno strumento musicale a tastiera in grado di riprodurre la musica di alcuni suoni naturali (o di altri strumenti) preregistrati; uno strumento prodigioso e quasi accessibile che fa innamorare illustri personaggi: la principessa Margaret, Peter Sellers, Ron Hubbard (fondatore di Scientology) e il re Hussein di Giordania.
Tra il 1963 e 1964 la BBC lo sperimenta e nel 1965 Graham Bons lo utilizza per la prima volta in una canzone rock : “Baby can it be true”; è poi la volta poi dei Moody blues che ne acquistano uno di seconda mano dal Fort Dunlop Working men’s club di Birmingham e lo sfruttano in modo intensivo dall’album” Days of future passed” del 1967 a “Octave” del 1978.
E’ Mike Pinder tastierista e fondatore dei Moody Blues a introdurre John Lennon e Paul Mc Cartney all’utilizzo del Mellotron.
Il 24 novembre 1966 nello studio 2 di Abbey Road, Lennon, accompagnato dalla sua chitarra acustica fa ascoltare agli altri Beatles una nuova canzone da lui composta qualche mese prima. I Fab Four imbracciano gli strumenti e registrano al primo take: Lennon alla chitarra, Starr alla batteria, Harrison alla chitarra elettrica e McCartneyal Mellotron.
Seguono giorni di arrangiamenti, tagli, aggiunte, velocizzazioni del nastro e fusioni di diverse versioni; quello che il 13 febbraio 1967 esce dai laboratori di questi artigiani del rock cambierà profondamente la storia della musica: è Strawberry Fields Forever, la canzone che dà la svolta alle sonorità della muscia rock e fa naufragare l’idea del – mai pubblicato – album SMILE dei Beach Boys, bruciati sul tempo nella produzione del sound che stavano a lungo cercando.
Tra la fine degli anni ’60 e la metà degli anni ’70 sono in molti ad avvalersi del Mellotron oltre ai Beatles: Genesis (Watcher of the skies), Yes, Rolling Stones, Pink Floyd, Led Zeppelin, King Crimson, Jethro Tull, Deep Purple, Aerosmith e David Bowie.
Oggi il Mellotron, dopo decenni di oblio, è oggetto di recupero nelle sonorità di alcuni gruppi rock tra cui Smashing Pumpkins, Red Hot Chili Peppers, Oasis, U2, Linking Park e Muse.
Ecco Strawberry Fields Forever; la rivoluzione del Mellotron è quel suono che compare fin dalle prime battute:
Let me take you down, ‘cause I’m going to
Strawberry fields
Nothing is real
And nothing to get hung about
Strawberry fields forever
Living is easy with eyes closed
Misunderstanding all you see
It’s getting hard to be someone, but it all works out
It doesn’t matter much to me
Let me take you down, ‘cause I’m going to
Strawberry fields
Nothing is real
And nothing to get hung about
Strawberry fields forever
No one, I think, is in my tree
I mean, it must be high or low
That is, you can’t, you know, tune in, but it’s alright
That is, I think it’s not too bad
Let me take you down, ‘cause I’m going to
Strawberry fields
Nothing is real
And nothing to get hung about
Strawberry fields forever
Always, no, sometimes, think it’s me
But, you know, I know when it’s a dream
I think, er, no, I mean, er, yes, but it’s all wrong
That is, I think I disagree
Let me take you down, ‘cause I’m going to
Strawberry fields
Nothing is real
And nothing to get hung about
Strawberry fields forever
Strawberry fields forever
Strawberry fields forever
STRAWBERRY FIELDS PR SEMPRE
Lascia che ti accompagni
Perchè sto andando a Strawberry Fields
Niente è reale e non c’è niente per cui stare in attesa.
Strawberry Fields per sempre
Vivere ad occhi chiusi è facile
Fraintendendo ciò che vedi,
Sta diventando difficile essere qualcuno, ma si risolverà?
Non mi interessa molto
Lascia che ti porti con me
Perchè sto andando a Strawberry Fields
Niente di reale e niente per cui stare in attesa.
Strawberry Fields per sempre
Nessuno, penso, è nel mio albero
Intendo, deve essere alto o basso, sai non puoi metterti in sintonia ma va bene
Penso che non sia così male
Lascia che ti porti con me
Perchè sto andando a Strawberry Fields
Niente è reale e non c’è niente per cui stare in attesa.
Strawberry Fields per sempre
Sempre, non qualche volta, penso di essere proprio come sono
Ma tu sai che io so quando è un sogno,
penso di sapere che io intendo un ” sì ” ma è tutto sbagliato
Penso di non essere d’accordo
Lascia che ti porti con me
Perchè sto andando a Strawberry Fields
Niente è reale e non c’è niente per cui stare in attesa.
Strawberry Fields per sempre
Strawberry Fields per sempre
Altri testi su: http://www.angolotesti.it/J/testi_canzoni_john_lennon_1719/testo_canzone_strawberry_fields_forever_45275.html
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